...ma io sono di nuovo sulla strada alla volta di Cáceres....
Caceres
Caceres
Ad Est di Alcantara si trova Cáceres, questa città è uno dei centri più importanti dell’Extremadura, vi hanno sede alcune delle università più rinomate di Spagna e il centro storico è patrimonio mondiale dell’UNESCO.
Queste sono le motivazioni principali per la candidatura di Cáceres a Capitale Mondiale della Cultura per il 2016.
In effetti il centro storico è impressionante, la sensazione è
quella di camminare in un vero e proprio museo a cielo aperto dove,
sfortunatamente, gran parte dei palazzi storici è di proprietà privata, quindi chiuso al
pubblico.
Non so quando è stato fatto un piano di ristrutturazione di
questi palazzi, vero è che si presentano tutti (o quasi) in condizioni
eccellenti e lo scenario che offrono è magnifico.
A Cáceres, apprendiamo dalla guida, Francisco Franco fu dichiarato capo di stato nel 1936. Il palazzo di
‘Golondrines de Abajo’ ne riporta la targa all’esterno.
Anche la cattedrale ha note di merito che ancora ricordo. Innanzitutto la splendida vista che offre il campanile su tutta la parte vecchia, un
ammasso di tetti che si accavallano fino a definire una massa informe di case,
racchiuse da possenti mura contro eventuali assalitori.
Il lugubre silenzio della cattedrale è rotto dal suono dell’organo
dove un pianista novello sta provando ad intonare brani rituali; Il disordinato
mix di stonature rende più simpatico l’austero tempio. Il suono,
solo a tratti rovinato da note mal eseguite, rende l’atmosfera gioviale proprio
per i continui salti da un brano ad un altro, chiaro segno che l’organista è
inesperto e poco pratico. I brani con cui delizia i visitatori sono solo
accenni ad arie note, ma di cui conosce solo il “ritornello”.
Sierra de Gata
Sierra de Gata
Queste comarcas sono punteggiate da numerosi paesi che spesso
conservano la struttura medievale e le costruzioni d’epoca. Fanno ancora
sfoggio di sé vecchie case con tralicciatura esterna, con travi di legno ed
interstizi riempiti da pietrisco, il tutto stuccato e livellato con calce
bianca.
Le piccole aperture ed i soffitti bassi manifestano la dura lotta contro il pungente freddo invernale.
Le piccole aperture ed i soffitti bassi manifestano la dura lotta contro il pungente freddo invernale.
Nella parte più occidentale di questa sierra, che prende il nome
di Sierra de Gata, vivono silenziosamente alcuni paesetti tipici come San
Martìn de Trevejo, Acebo, Eljas e Valverde de Fresno.
Questa regione è l’unica rimasta dove si parla ancora una specie di dialetto in via di estinzione; più che un dialetto il Chapurriau è una lingua a parte, fatta dall’unione di portoghese, il confine è a pochi chilometri, e lo stentato spagnolo rurale. La guida che ho in mano assicura che tale lingua è del tutto incomprensibile sia per gli spagnoli che per i portoghesi.
Questa regione è l’unica rimasta dove si parla ancora una specie di dialetto in via di estinzione; più che un dialetto il Chapurriau è una lingua a parte, fatta dall’unione di portoghese, il confine è a pochi chilometri, e lo stentato spagnolo rurale. La guida che ho in mano assicura che tale lingua è del tutto incomprensibile sia per gli spagnoli che per i portoghesi.
Tutti questi paesi crescono intorno ad una piazza principale che è
il punto di ritrovo di tutta la comunità, case in pietra e legno si attaccano
le une alle altre come a voler conservare il prezioso calore dei focolai
domestici.

Tre sono le peculiarità di questa zona che mi sono rimaste impresse: la prima è propria dell’architettura di queste zona, i balconi aperti o spesso murati che dal primo piano delle case si affacciano sulle vie fin quasi a far toccare le case sui due lati della strada.
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Risalendo la sierra de Gata verso oriente si arriva alla zona di
Las Hurdes; non che differisca molto dalla zona occidentale, ma in queste zone,
durante il periodo dell’Inquisizione, vennero bruciate tante donne con l’accusa
di stregoneria. Oggi le valli silenziose vegliano su tante vite distrutte, ma le
case vecchie dei piccoli borghi appesi sulle coste di valli scoscese conservano
ancora qualcosa di sinistro. “Non è delle streghe che temo il giudizio, ma di
chi si ostina a guardare con gli occhi degli altri”.
La zona della Peña de Francia è arroccata sotto un picco che, questo sì, risalta sul panorama circostante per la quota che raggiunge. In cima, a quasi 2.000 metri c’è un monastero domenicano in stile bizantino immerso nell’area protetta di Las Batuecas e meta di numerosi “centauri” che si dilettano nella guida su per gli infiniti tornanti fino alla cima.
Il panorama spettacolare, che si gode dalla sommità, spazia a nord
fino a Salamanca e tutt’intorno per molti chilometri, in un area coperta di
boschi e numerosi paesi nascosti tra le infinite valli che la prospettiva rende
minuscole.
Nell’intorno de Las Batuecas mi interessa vedere soprattutto le
pitture rupestri datate al 6.000 a.C. e un ansa che il fiume Algon compie fin
quasi a richiudersi su se stessa. Quello che mi aspetta è una giornata intera
immerso nella natura, camminando o semplicemente contemplando quello che sono
andato a cercare.
Il sentiero che costeggia il ruscello è deserto, silenzioso se non
fosse per l’acqua che scorre e il canto degli uccelli; ci sorprendono solo alcuni
raccoglitori di sughero che, dopo aver caricato il loro mulo al massimo delle
sue capacità, stanno riscendendo a valle.
Sulla roccia le rudimentali forme di animali e di cacciatori con le loro armi vegliano sulla natura circostante ed il silenzio è il loro grido più assordante. Qui non è passata la storia, qui è passato l’Uomo.

Il teatro naturale scavato in migliaia di anni ha reso questo scenario
un vero e proprio monumento della natura, la vista è spettacolare.
I dintorni della Peña de Francia sono costellati di paesi che
conservano geometrie e architettura delle origini, tra tutti spicca La
Alberca, tipico paesino di montagna con case dai balconi e dai tetti in legno,
la piazza principale piena di villeggianti e buoni ristoranti.
Poi Miranda del Castañar, adagiata sul crinale di una collina e con un bellissimo centro storico in pietra, San Martìn del Castañar con una spettacolare plaza de toros ricavata in uno spazio aperto sbilenco proprio fuori il cimitero.
La chiesa principale di Candelario è veramente carina, non tanto
per l’interno quanto per la scalinata ricavata dalla roccia della montagna
stessa e che, per permettere l’accesso al santuario, compie una sorta di tornante
morbidamente adagiato sotto il portale.
Scendendo nuovamente in Extremadura alla volta di Plasencia si
passa per Baños de Montemayor, località famosa già sotto i romani per dei bagni
termali, da cui il paese prende il nome.
La città di Plasencia è uno dei centri maggiori dell’Extremadura, di
particolare riguardo la cattedrale.
Il mercato di Plasencia è molto rinomato e attira gente da tutta
la zona; una volta all’anno, il primo martedì di agosto, si trasforma in una rivisitazione
medievale di un mercato con tanto di bancarelle di artigiani che vendono i loro
manufatti. Per l’occasione la città si trasforma con spettacoli di vario genere
e cibo e bevande “a tema” (non può mancare il vino extremeño); il
richiamo per i turisti è notevole.
In direzione nord-est si apre una lunghissima valle solcata dal
Rio Jerte; questo fiume si è aperto la via sfruttando una faglia tettonica ed
il suo corso appare come una linea retta che dal versante sud dells Sierra di
Gredos arriva fino a Plasencia con 50 chilometri percorsi in linea retta. La
valle che ospita tale fiume è l’omonima valle del Jerte ed è famosa in tutta
Spagna perché da qui provengono la maggior parte delle ciliegie della nazione.
Impressionante vedere il numero di piante da frutto, ciliegi appunto, che
crescono su ogni versante ed ogni guida turistica fissa un appuntamento
impedibile in primavera per vedere la fiorita dei ciliegi della valle dell’
Jerte.
La fessura rocciosa è spaccata dalle acque che, nel placido
percorso fino alla frontiera, si ricavano uno scenario incredibile. Le pareti
verticali si offrono come riparo all’avvoltoio spagnolo, ‘el buitre’; dall’alto
della torre rocciosa si apre tutto lo scenario in cui questi enormi uccelli
rapaci volano indisturbati.

Il motivo che mi ha portato fin qui era la visita al monastero de
Yuste dove Carlo V trascorse gli ultimi mesi della sua vita.
Cuacos de Yuste
Cuacos de Yuste
Sul bordo della strada, con una rada vegetazione alle spalle e quasi completamente mimetizzata grazie ai muschi ed alle incrostazioni naturali del tempo, la croce mi guardava passare. Ovvio per me lo stupore e la tardiva frenata che, data la desolazione della strada, non ha messo in pericolo nessuno. Foto di rito sotto la croce e via verso il monastero.
I pochi visitatori dell’ora particolarmente tarda (17.00) sono stati
fatti entrare ed in tutta fretta sloggiati dalle sale Reali; la degna
ricompensa è stata però l’intensità della visita acuita dal silenzio che le
poche persone con noi hanno reso possibile.

Proprio per l’arrivo del Re, il monastero era stato ampliato a sue
spese, le sale adibite al sovrano erano molto più sontuose di quelle
riservate ai monaci sebbene non siano enormi. Bagno privato, sala di lettura e
vasca privata con tanto di pesci erano il minimo a cui un sovrano in cerca di
pace potesse aspirare.
L’unico dettaglio degno di nota è la camera in cui l’ormai infermo
Carlo V ha passato gli ultimi giorni di vita, uno spazio aperto nella parete
dava al sovrano la vista dell’altare e del sacerdote che officiava la messa,
“comodamente” disteso sul suo letto. La lugubre camera drappeggiata di pesante
velluto viola voleva costituire un ambiente sobrio e silenzioso per accompagnare
il sovrano nel suo ultimo viaggio.
Il congedo dall’Extremadura avviene attraverso la Sierra de Gredos
dove paesi rurali e sentieri nei boschi ne fanno un paradiso per gli escursionisti. Tutto sommato scoprire l’Extremadura non è stato troppo
‘difficile’, il mio modo di percorrere strade nuove, prima pianificando, poi
documentandomi ed infine andando, fanno sì che la scoperta si trasformi in un accertamento della verità’. E questa terra si presta bene alla scoperta perché, come tanti
paesi al di fuori del mio, rende il valore di ciò che offre sia che si
tratti di musei, sia di zone archeologiche o di semplici vie cittadine. L’unico ‘inconveniente’ occorso è stata la difficoltà di adeguarsi
agli orari qui in Extremadura. Per evitare le ore di caldo, comunque intenso, i
primi passi si muovono con il fresco della mattina ed arrivare alle 22, ora in
cui i ristoranti fanno mangiare, è stata veramente dura. Questa particolarità spiega anche la poca attitudine che c’è in
Extremadura per il turismo. In qualunque città della turistica Andalucia
(almeno le città maggiori ed i centri più importanti) è possibile mangiare ad
ogni ora del giorno e fino a tarda notte. Questo perché si possono incontrare
migliaia di persone le cui origini e le cui abitudini sono le più disparate. In Extremadura si incontrano turisti spagnoli o portoghesi, poco
altro; le loro abitudini sono simili, ma la maggior parte delle persone in giro
sono Extremeñe; per questo ci sono orari spostati verso il tramonto e lunghe sieste ... chi ne
ha voglia, si abitui!
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