Extremadura: il sud...

L’interesse per questa regione spagnola nacque dalla voglia di esplorare una zona fuori dalle rotte turistiche e soddisfare la voglia di attraversare una regione su strade quasi “ascetiche”.  Un altro motivo era dato dalla curiosità che mi aveva suscitato una fotografia su una guida: saranno stati i primi mesi del 2001 quando mi fu regalata una guida della Spagna (nazione che “frequento” dal 1992); 
l’immagine in causa, in apertura del capitolo sull’Extremadura, ritraeva due uomini  seduti ai piedi di una croce di pietra all’ombra degli alberi. 
 Gli abiti scuri, semplici, ma distinti, con tanto di basco nero tipico degli abitanti della Spagna rurale, lo sguardo curioso e accigliato, ma i lineamenti rilassati, facevano pensare che i due erano stati infastiditi dal fotografo nel mezzo di una discussione tra amici; magari banale, ma pur sempre intima, da non condividere con estranei. 
L’immagine mi rendeva la sensazione di qualcosa di puro, semplice, ordinato, ma pur sempre speciale; da qui la curiosità e lo stimolo ad approfondire la ricerca e vedere se c’era abbastanza, qui in Extremadura, da far sgranare gli occhi, da rendere memorabile un ricordo, da far diventare una semplice vacanza una vera e propria scoperta. Infatti, qualcosa ho trovato…

La ricerca è iniziata dalla mia guida; sfogliando mi sono fermato a leggere di Guadalupe ed il suo imponente monastero disperso nelle colline della Sierra de Villuercas, nella parte settentrionale della Siberia Extremeña. 
 Il monastero, dinanzi al quale furono battezzati i primi Indios portati dal nuovo mondo al seguito di Cristoforo Colombo, è costruito sul sito dove sarebbe stata ritrovata una statua di una Madonna nascosta dai cristiani in fuga dai mori invasori, una Madonna particolare perché scura, questa divenne la Madonna di Guadalupe. Tale Madonna nera era talmente venerata nel 1500 che fu proclamata protettrice delle colonie in America latina, zone in cui il culto vive ancora.
Il paese è nato e cresciuto intorno al monastero proprio per le possibilità di lavoro e scambio commerciale che un luogo così importante promuoveva. Praticamente un’ intera comunità alle dipendenze dei monaci che gestivano il convento.
Oggi le attività vivono di un turismo per lo più giornaliero di fedeli che arrivano in autobus per far visita alla Madonna; il monastero della Madonna di Guadalupe è uno dei luoghi di pellegrinaggio più rinomati di Spagna, ma col calare della sera gli autobus ripartono lasciando le strade avvolte nel bagliore azzurro dei neon e dei pochi lampioni.
 Albergo (prenotato) e ristorante aspettavano solo noi quella sera. Una calda serata d’agosto dove nella piazza di fronte al monastero abbiamo goduto del primo sguardo all’Extremadura e (un vezzo che ormai da diversi anni coltivo) festeggiato il mio compleanno in terra straniera.
La visita al Monastero attraversa il chiostro interno in stile Mudejar (lo stile che i mori convertiti al cristianesimo adattarono agli stili cristiani) e per tre diversi musei di paramenti, libri e testi sacri. L’ultimo ‘atto’ della visita, dopo che la guida ha ceduto il posto ad un frate del convento, avviene in una piccola nicchia posta dietro l’altare dove la statua della Madonna ci viene presentata; lacrime e commozione oltre la devozione rendono divina qualunque tipo di icona o di reliquia.
Allontanarsi da questo monastero, subito dopo la visita, lascia nella mente la sensazione di aver partecipato a qualcosa di mistico ed inspiegabile. Il sole e le valli silenziose facilitano l’abbandono a riflessioni di ogni tipo anche da occhi e menti spesso profane, proprio come le mie.
 La visita al monastero è stata molto intensa, di là da ogni attesa.



Altro paese che vale la pena vedere, secondo la guida, è Trujillo; da qui numerosi ‘conquistadores’ partirono alla scoperta del nuovo mondo. 
La spinta principale veniva dalla carenza di lavoro in questa regione e il miraggio dei facili guadagni.

In effetti, per alcuni di loro fu così, ne sono testimoni i palazzi sontuosi che costituiscono il nucleo storico della città. Dalla bellissima piazza centrale, inondata da un sole accecante, si sale fin sulla cima di questo colle che un castello incorona. La parte arroccata del paese è un susseguirsi di vie su cui palazzi imponenti si schierano in bella mostra.
Da qui partirono più di 600 conquistadores, tra cui Francisco Pizarro; non  stupisce infatti di trovare altre 7 città con il nome di Trujillo disseminate in tutta l’America.
Questi avventurieri, tornati in patria, fecero costruire dei palazzi sontuosi in stile rinascimentale che oggi appaiono in tutto il loro splendore; il particolare più curioso sono le forme dei camini di questi palazzi e la loro dimensione abnorme, i disegni si rifanno a particolari osservati oltreoceano e riportati in maniera tanto curiosa nel paese natio.

Proseguendo verso sud si arriva a Mérida, l’ Augusta  Emerita dei romani, Ia città fu fondata nel 25a.C. per i legionari romani che avevano svolto le campagne in Cantabria. Mérida divenne presto la capitale della Lusitania sia dal punto di vista politico che culturale con oltre 40.000 abitanti. Oggi è la città spagnola che conserva i migliori reperti di quell'epoca.




Il teatro e l’anfiteatro affiancati sono effettivamente fantastici. Qualcosa di unico è rappresentato dal doppio colonnato originale, utilizzato tuttora come scenografia del teatro dove una statua di Cerere si erge ad assoluta protagonista di ogni rappresentazione.
Passeggiando per la città, s’incontra il tempio a Diana; intatto nel suo imponente colonnato e gli scavi di una villa (Casa de Mitreo) con un bellissimo mosaico cosmologico, i colori dei tasselli sono talmente vivi da farlo sembrare anacronistico, totalmente fuori sintonia con il resto delle seppur grandiose rovine.
 
Un altro pezzo forte della città è il Museo di Arte Romana, un' architettura semplice racchiude dei tesori che, posti in questa cornice, risaltano magnificamente. 
 



Le mura del museo sono in mattoni rossi con fughe a vista, nella fitta trama creata sono inseriti reperti in marmo come colonne, capitelli, statue, busti o semplici teste che giochi di luce fanno risaltare intensamente sul semplice sfondo di mattoni.
 Nota polemica: se in Italia riuscissimo a valorizzare in questo modo il nostro patrimonio, potremmo vivere di solo turismo.
Il resto della città vive degli scorci creati da parti originali di antiche mura o dall’acquedotto poco fuori il centro; un arco celebrativo tra due palazzi, in stile tipicamente spagnolo e piazze in cui diversi espedienti cercano di sottrarre la gente dal chiuso delle case , rendono la città molto piacevole.

Buona parte del centro è, infatti, irrorato con getti di vapore che rinfrescano la calura di agosto e chioschi all’ombra di tettoie, promettono refrigerio con aperitivi e stuzzichini invitanti. 

Una ‘Ruta de Tapas’ aiuta a intraprendere un percorso gastronomico per le vie alla scoperta di un’usanza tipica spagnola, accompagnare un buon bicchiere di vino o birra con assaggi vari chiamati, appunto, Tapas.
Un'altra particolarità che distingue Mérida e gran parte dell’Extremadura sono gli immensi nidi sui tetti delle case, qui nidificano le cicogne e lo schiocco caratteristico conferma che le gradevoli serate extremeñe si animeranno anche della compagnia di questi grandi uccelli.
Da Mérida a Zafra la strada corre da nord a sud in una regione di vigneti, coltivazione che, come detto, sono un’ eredità di Roma. Il terreno fertile, la non poca acqua e il sole battente hanno permesso lo sviluppo di vitigni tipici di questa regione. Si trovano vini rossi corposi e dal sapore fruttato come Trincadera, Tempranillo ecc.. con prezzi molto abbordabili. La città fulcro della produzione di vino è Almendralejo, ma non essendo inclusa nel mio tragitto la penserò ogni volta che mi capiterà di bere dell’ottimo vino di queste terre; l’occasione non mi è mancata di certo.
La prossima tappa è a Zafra di cui la mia “famosa” guida parla con entusiasmo. Questo paese è conosciuto come ‘Sevilla la chica’ (la piccola Siviglia) e viene presentato come una copia in miniatura della più famosa città andalusa.
L’appellativo è tutt’altro che fuori luogo, la parte vecchia della città ha come fulcro due piazze collegate da uno stretto passaggio, due piazze più tipiche dell’Andalucia che della provincia cui appartengono. Alte palme e loggiati provano a strappare qualche metro all’impietoso sole estivo con un ombra del tutto provvidenziale, ma è nei numerosi patios che gli abitanti aspettano le ore migliori per uscire.
Tutto il paese è un susseguirsi di palazzi in tipico stile Andaluso, calce bianchissima, cornici colorate e fiori ai balconi; gli imponenti portoni si aprono su patios dove il silenzio e il verde sembrano chetare la calura opprimente.
La parte vecchia della città è circondata da mura difensive e la porta di accesso principale è sorvegliata dal castello, oggi parador nazionale di lusso (i parador sono alberghi spesso di alta categoria ricavati in edifici di valore storico e spesso gestiti dallo stato).
Le bellissime chiese che si trovano nel centro nascondono opere di rilievo, tra queste spicca una pale d’altare di Zurbaran, artista Extremeño famoso per la rappresentazione di frati nelle loro vesti con eccezionali effetti di chiaro scuro.
  
E’ stato bello temporeggiare al fresco della Iglesia de la Candelara di Zafra per partecipare (da infiltrati) ad un matrimonio. Alla marcia nuziale all’ingresso degli sposi si è sostituito immediatamente un coro in musica tipica, un ‘cante jondo’ con tanto di nacchere, chitarra e vestiti tipici. 
All’atmosfera severa della chiesa spagnola (il barocco spinto tipico della Spagna mi mette molta soggezione) si è sostituita l’allegria della musica e la struggente melodia del canto. Tutto ciò mi ha riportato per un po’ a casa dove una coppia di amici si stava sposando.

La sera stessa ho fatto conoscenza con un'altra usanza Extremeña, gli orari degli ristoranti: ho aspettato fino alle 21.30 l’apertura di un ristorante indicato come eccezionale e dall’esterno sembrava promettere molto. Dopo un' ora di attesa mi sono rassegnato al fatto che fosse chiuso, ho optato per un altro comunque valido; quando sono uscito ho scoperto che il primo apriva solo alle 22.00. L’”usanza” è di seguire solamente gli orari dettati dal tempo; il caldo impone una siesta che si protrae ben oltre le 17.00 del pomeriggio e di conseguenza vengono aperti tutti gli esercizi in base al ruolo che hanno nel paese.
Le 22.00 è l’ora in cui gli extremeños vanno a cena ed è l’ora in cui buona parte dei ristoranti apre, non importa che in giro vi siano pochi turisti affamati, di certo il guadagno non viene da loro. Adeguarsi agli orari sarà il compito più difficile che mi aspetta in Extremadura.
Seguendo fedelmente la guida ho optato per una deviazione verso le ‘terre di confine’; forse il paese più belo che ho incontrato è Jerez de los Caballeros che dall’alto di una costa innalza i campanili delle chiese verso la frontiera, come lance in resta di cavalieri ormai scomparsi.
Almeno quattro altissimi campanili si innalzano in un ultimo saluto al Portogallo, un omaggio di colori ai precedenti padroni di queste terre, visto che il confine tra le due nazioni, per tanto tempo nemiche, si è spostato spesso ad annettere ed estromettere questo o quell’altro paese.
Anche a Jerez la gente rimane chiusa nelle case, il caldo è soffocante e qui in Extremadura non c’è neanche il conforto della brezza marina.
Mi sembra d’obbligo una passeggiata alla scoperta di questi sontuosi campanili, oltre che spezzare la monotonia dei tetti, sono i particolari ornamenti dovuti a piastrelle colorate, cornici in ceramica colorata e veri e propri decori.
Anche l’interno ognuno di questi luoghi di culto presenta altari barocchi in cui l’oro e le decorazioni esplodono a contrastare con il bianco delle pareti e la penombra austera delle navate.
Il castello templare sulla sommità della collina ha subito distruzioni ripetute ad ogni conquista a cui si è piegato. L’importanza storica la assume nel momento in cui si torna ai costruttori più illustri, i templari, appunto. Nella torre principale vennero assassinati i sacerdoti facenti parte dell’ordine per mano di sicari pagati dal re di Francia che ne decretò lo scioglimento. 

Risalendo il confine si superano paesini come Barcarrota, Oliva de la Frontiera e Olivenza; ognuno con elementi d’interesse che hanno meritato un po’ del nostro tempo, ma soprattutto la speciale atmosfera tipica dei paesi di frontiera, bazar dove si trova di tutto e una vita semplice regolata dal caldissimo ciclo solare.






Ancora più a nord si arriva a Badajoz, capoluogo dell’Extremadura, ma città che ho, con troppa leggerezza, snobbato (seguendo il consiglio della mia guida).
Seguendo il confine si arriva a Valencia de Alcantara. Di questa città ho notizie che vengono solo da guide e trasmissioni televisive visto che, sbagliando, ho preferito dare la prioritàad altri luoghi.
La zona di Alcàntara è situata ad una decina di chilometri dal confine con il Portogallo ma la frontiera è delimitata dal fiume Tago, qui attraversato da un ponte a 6 archi di epoca romana. 

Fin dai primi anni del XIII secolo fu la sede dell'Ordine de Alcantara che partecipò alla Reconquista contro i mori e che governò l'Extremadura come feudo privato.
Oltre ai paesi con vicoli intricati e case in calce bianca la zona è ricca di dolmen che confermano che la zona era abitata sin da tempi remoti.

Ma io sono di nuovo sulla strada alla volta di Cáceres....

Nessun commento:

Posta un commento