giovedì 30 gennaio 2014

Sierra de Gata


La scoperta dell’Extremadura rurale passa soprattutto per la zona a nord al confine con la Castilla y Leon. Questo margine è contrassegnato da montagne non troppo elevate, ma che rendono lo scenario crespo e costellato da valli spesso impervie.
Non è tanto il dislivello tra le valli e le cime a fare di questa zona una regione fredda, quanto l’innalzarsi dell’altipiano che nella Castillia raggiunge una quota media sopra i mille metri sopra il livello del mare.

Queste comarcas sono punteggiate da numerosi paesi che spesso conservano la struttura medievale e le costruzioni d’epoca. Fanno ancora sfoggio di sé vecchie case con tralicciatura esterna, con travi di legno ed interstizi riempiti da pietrisco, il tutto stuccato e livellato con calce bianca.
Le piccole aperture ed i soffitti bassi manifestano la dura lotta contro il pungente freddo invernale.

Nella parte più occidentale di questa sierra, che prende il nome di Sierra de Gata, vivono silenziosamente alcuni paesetti tipici come San Martìn de Trevejo, Acebo, Eljas e Valverde de Fresno. 


Questa regione è l’unica rimasta dove si parla ancora una specie di dialetto in via di estinzione; più che un dialetto il Chapurriau è una lingua a parte, fatta dall’unione di portoghese, il confine è a pochi chilometri, e lo stentato spagnolo rurale. La guida che ho in mano assicura che tale lingua è del tutto incomprensibile sia per gli spagnoli che per i portoghesi.
Tutti questi paesi crescono intorno ad una piazza principale che è il punto di ritrovo di tutta la comunità, case in pietra e legno si attaccano le une alle altre come a voler conservare il prezioso calore dei focolai domestici.


Tre sono le peculiarità di questa zona che mi sono rimaste impresse: la prima è propria dell’architettura di queste zona, i balconi aperti o spesso murati che dal primo piano delle case si affacciano sulle vie fin quasi a far toccare le case sui due lati della strada. 
Altra particolarità di questi luoghi è l'avvallamento che divide in due corsie precise tutte le strade principali dei paesi, su questo solco scorre un vigoroso ruscello d’acqua montana, fredda e limpida fino ad attraversare tutto il paese.
Ultimo, ma di non minore interesse, lo speciale agnello alla griglia  in un piccolo ristorante di San Martin de Trevejo, la sala da pranzo è stata ricavata in quello che era il fondo di una casa, arredamento semplice con tovaglie a quadri e durissime sedie di legno e l’agnello più buono che ho mai mangiato.
!
La gioiosa atmosfera estiva è dovuta al notevole aumento di popolazione che questi paesi subiscono in estate; località disabitate in inverno, si animano grazie all’afflusso di villeggianti dalle più grandi città limitrofe dove c’è lavoro, ma poca tranquillità.
Risalendo la sierra de Gata verso oriente si arriva alla zona di Las Hurdes; non che differisca molto dalla zona occidentale, ma in queste zone, durante il periodo dell’Inquisizione, vennero bruciate tante donne con l’accusa di stregoneria. Oggi le valli silenziose vegliano su tante vite distrutte, ma le case vecchie dei piccoli borghi appesi sulle coste di valli scoscese conservano ancora qualcosa di sinistro. “Non è delle streghe che temo il giudizio, ma di chi si ostina a guardare con gli occhi degli altri”.



Poco sopra la sierra de Gata si arriva alla Peña de Francia, sarebbe fuori luogo parlarne in questo resoconto sull’Extremadura poiché si trova poco oltre il confine con la Castilla y Leon, ma è talmente simile come caratteri che non stona di sicuro.




La zona della Peña de Francia è arroccata sotto un picco che, questo sì, risalta sul panorama circostante per la quota che raggiunge. In cima, a quasi 2.000 metri c’è un monastero domenicano in stile bizantino immerso nell’area protetta di Las Batuecas e meta di numerosi “centauri” che si dilettano nella guida su per gli infiniti tornanti fino alla cima.


Il panorama spettacolare, che si gode dalla sommità, spazia a nord fino a Salamanca e tutt’intorno per molti chilometri, in un area coperta di boschi e numerosi paesi nascosti tra le infinite valli che la prospettiva rende minuscole.


Nell’intorno de Las Batuecas mi interessa vedere soprattutto le pitture rupestri datate al 6.000 a.C. e un ansa che il fiume Algon compie fin quasi a richiudersi su se stessa. Quello che mi aspetta è una giornata intera immerso nella natura, camminando o semplicemente contemplando quello che sono andato a cercare.

La camminata per raggiungere le pitture rupestri è faticosa dato il sentiero poco battuto; si arriva con la macchina fin fuori ad un convento chiuso al pubblico e che, proprio per questo, sembra molto affascinante. Un monastero in cui la vita pulsa tramite il ragliare di un asinello legato all’ingresso e del rumore di galline dentro il cortile.



Il sentiero che costeggia il ruscello è deserto, silenzioso se non fosse per l’acqua che scorre e il canto degli uccelli; ci sorprendono solo alcuni raccoglitori di sughero che, dopo aver caricato il loro mulo al massimo delle sue capacità, stanno riscendendo a valle.
D’un tratto dei segnali indicano che per le pitture c’è da salire in alto sulla costa e, faticosamente, riusciamo a raggiungerle. Il sito è strepitoso, inferriate arrugginite proteggono i segni antropomorfi dai vandali che hanno già pesantemente contaminato le opere millenarie; la valle, da questo sperone di roccia appare viva solo per la luce che la irradia e per il lontano scrosciare dell’acqua sulle rocce. L’assoluta serenità che investe chi, con fatica, è arrivato fin qui, è la più grande ricompensa. 
Sulla roccia le rudimentali forme di animali e di cacciatori con le loro armi vegliano sulla natura circostante ed il silenzio è il loro grido più assordante. Qui non è passata la storia, qui è passato l’Uomo.

Ridiscendo la valle e dopo il congedo dal monastero vado a cercarmi un'altra opera dove la mano dell’uomo ha potuto poco, ma dove la natura (o Dio, dipende dai punti di vista) ha compiuto un vero e proprio capolavoro. Scendendo velocemente a valle da queste montagne scoscese, il fiume Algon si trova a dover dissipare molta energia cinetica; la tecnica che il fiume utilizza, si costituisce di due fasi: scavando nei fianchi delle colline che ne delimitano il percorso e costruendo un tragitto sinuoso, più strada percorre il fiume e maggiore è lo spazio da utilizzare per dissipare tale energia.
Il teatro naturale scavato in migliaia di anni ha reso questo scenario un vero e proprio monumento della natura, la vista è spettacolare.
I dintorni della Peña de Francia sono costellati di paesi che conservano geometrie e architettura delle origini, tra tutti spicca La Alberca, tipico paesino di montagna con case dai balconi e dai tetti in legno, la piazza principale piena di villeggianti e buoni ristoranti.

Nessun commento:

Posta un commento